L’umidità si appiccicava come bava di lumaca gigante sulle guance del giovane nano. La sua barba, orgoglio più grande e invidia degli altri nani, era ridotta a un ammasso di peli informi e collosi. Ogni volta che ci passava la mano sopra, nel vano tentativo di ricostituire un ordine e una dignità al simbolo della sua razza, otteneva solo l’effetto contrario, rendendola ancora più arruffata. Non si ricordava più l’ultima volta che l’aveva potuta curare come si doveva e questo gli faceva digrignare i denti in una smorfia di disappunto.
La mia povera barba!
A ogni passo i suoi pesanti piedi sprofondavano di qualche centimetro nel soffice muschio che ricopriva per intero tutte le pareti dell’immensa grotta. Ogni singolo movimento gli costava fatica, la sua schiena ne stava risentendo e spesso si doveva fermare, cercando di inarcarsi all’indietro per provare a raddrizzare le vertebre. Procedura non facile, visto che il suo corpo era costretto nella sua pesante armatura. Il suo respiro era mozzo e affannato. L’aria era immobile e pesante, così densa che al giovane avventuriero sembrava di infrangere un’invisibile patina gelatinosa a ogni passo che faceva. Ormai aveva perso il conto dei giorni che aveva passato in uno dei posti più bassi e inospitali di tutto il mondo sotterraneo. Poche creature avevano avuto l’ardire di spingersi fin lì ed erano ancora meno quelle che vi abitavano. La temperatura era bassa e pressoché uniforme, tanto da rendere quasi inutile la sua infravista. Camminava quasi alla cieca, a mala pena riusciva a distinguere le rocce più grandi per una tonalità leggermente più scura di blu. Bastava anche solo una piccola distrazione e l’esploratore si ritrovava a terra, sommerso da muschi e licheni.
Ma che cavolo ci sono venuto a fare quaggiù!
Era arrivato fin lì seguendo solo delle voci e la sua stupida ambizione, alla ricerca di qualcosa che forse neanche esisteva. Due stupidi anelli magici, capaci di controllare gli elementi del fuoco e della terra, due oggetti magici che gli avrebbero permesso di diventare il fabbro più bravo di tutta La Forgia, ma che sempre più vedeva come la sua fine e non come la sua gloria. Ormai erano più di dieci anni che si era messo sulle tracce di questi due artefatti e, dopo tanto girovagare, aveva scoperto che dei nani della casata dei Khaza Ron trafficavano in oggetti magici con un drago del profondo, che doveva trovarsi lì, da qualche parte. Aveva seguito le tracce di quei due anelli come un segugio fa con la sua preda, passo dopo passo, giorno dopo giorno, fino ad arrivare in quel posto abitato solo da funghi e muschi.
Mentre il nano si malediceva per la sua arroganza, il suo pesante piede andò a calpestare qualcosa di friabile, qualcosa che stonava con il resto del morbido pavimento.
Ma che diamine è?
Preso dalla curiosità di capire in cosa si fosse imbattuto, visto che la sua infravista non gli permetteva di identificare quello strano materiale, decise di correre il rischio di farsi individuare dal drago o da qualche altra strana creatura del profondo. Sapeva che la mossa era azzardata, ma quello era l’unico indizio che aveva trovato dopo giorni e giorni di inutili ricerche e non poteva farselo scappare. Tirò fuori dalla sua bisaccia un cristallo, all’apparenza normale, e pronunciò una singola parola.
«Lumen!»
In perfetto stile nanico, il cristallo si illuminò di una fioca luce fredda, che rischiarò l’intero antro della caverna. Le pupille del nano reagirono immediatamente alla fonte di luce, dilatandosi e lasciandolo per qualche secondo nella più totale cecità. Passato il primo irritante fastidio agli occhi, l’aspirante fabbro si abituò alla nuova illuminazione. Come aveva sospettato, tutte le pareti dell’immensa grotta erano ricoperte di muschio, di funghi giganti e di strane piante, simili ad anemoni di mare, che si stavano ritirando infastidite dalla nuova fonte di luce. Lo spettacolo era affascinante e, di certo, se avesse avuto più tempo, avrebbe passato tutto il giorno a contemplare quel panorama così alieno. Ma ora una cosa ben più importante faceva vibrare tutti i suoi nervi: doveva capire in cosa era inciampato.
Il suo volto si aprì in una smorfia di folle euforia. A terra, adagiata fra i morbidi licheni, c’era il resto della muta di un enorme rettile, lungo più di trenta metri. Doveva essere per forza la vecchia pelle del drago che stava cercando. Infatti, i draghi del profondo erano più simili a degli enormi serpenti, che ai tradizionali draghi della superficie. Non avevano ali, in quanto lì sotto non gli servivano a nulla, così come le zampe. Meglio strisciare fra gli stretti cunicoli, che muoversi su quattro zampe. Un’altra particolarità era che il drago era completamente cieco, ma non per questo meno letale. I suoi restanti sensi erano sviluppatissimi, in particolare l’olfatto e la capacità di percepire anche la più piccola variazione di calore. Un avversario da non sottovalutare, dato il suo pericolosissimo soffio di gas venefico.
Mentre il giovane esploratore stava valutando tutte queste informazioni, una poderosa botta alle spalle gli fece scricchiolare tutte le vertebre della schiena, facendolo finire a faccia a terra con il fiato mozzato. Solo grazie alla spessa armatura che indossava, il nano non si ritrovò con la schiena fratturata in più punti. Ripresosi appena in tempo, riuscì a girarsi con colpo di reni per capire cosa l’avesse aggredito. Una figura antropomorfa, alta più di due metri, con la testa da scarafaggio e due enormi braccia lo sovrastava infuriato. La luce del suo cristallo l’aveva reso folle e ora cercava solo di distruggere la fonte del suo dolore. Per fortuna, il nano, oltre a essere un valente fabbro, era anche un soldato addestrato. Ancora a terra, scartò nuovamente di lato per evitare il secondo attacco e per portarsi a distanza di sicurezza dallo strano abitatore del profondo. Avendo ottenuto un vantaggio tattico rispetto al suo nemico, il nano si rialzò da terra estraendo il suo fedele martello da guerra.
Perfetto: il mio martello ridurrà a brandelli il suo carapace, in fin dei conti è pur sempre solo un insetto gigante.
Ora non si sarebbe più fatto sorprendere. Lo strano essere, ormai fuori di sé, caricò a testa bassa il nano, che riuscì a salvarsi grazie a un colpo in pieno petto del suo martello da guerra. Ma, anche se scaraventato a terra, il suo carapace non sembrò aver subito danni. Il nano si dovette ricredere, la sua amata arma non sembrava essere efficace.
Maledizione! Il suo esoscheletro sembra essere più resistente del previsto. Devo trovare un altro modo per ucciderlo o non durerò ancora molto.
Il martello da guerra cadde a terra senza fare rumore, attutito dal soffice rivestimento di muschio del pavimento, mentre il nano estrasse, da una fondina dietro la schiena, una pistola di fattura nanica già caricata. Si svolse tutto in un secondo: l‘enorme insetto bipede sollevò il nano ormai disarmato per divorarlo, ma lui gli ficcò la canna della pistola fra le fauci spalancate e, tirato il cane dell’arma, esplose il colpo. La deflagrazione fece esplodere la testa dell’insetto, che inondò di fetidi liquami il volto del nano.
«Maledizione, maledizione e ancora maledizione!», il nano riuscì a divincolarsi dalla morsa dell’essere morto e a rialzarsi. Per fortuna, non aveva ferite, se non qualche livido, ma quello che lo faceva infuriare ancora di più era che ormai sulla sua povera barba, oltre alla spessa umidità di quelle caverne, ci fosse anche il cervello spappolato di uno stupido insetto. Ripreso il controllo di sé, dopo varie e lunghe imprecazioni, spense il cristallo, onde evitare di farsi individuare da altre creature indesiderate. Esausto per il lungo viaggio e per il recente scontro, si appoggiò a una roccia per riprendere fiato e pulirsi la barba, ma, senza neanche accorgersene, cadde in un sonno profondo.
*
Infastidito da un frusciare costante e sempre più forte, il giovane fabbro aprì di scatto gli occhi, ma senza muoversi per non attirare l’attenzione. Era stato fortunato a risvegliarsi incolume. Tese ogni singolo muscolo, pronto a scattare. L’attacco a sorpresa di qualche ora fa era ancora evidente sulla sua schiena e ora non voleva dare vantaggi a possibili avversari. Quello che riuscì a vedere, grazie alla sua intravista, lo riempì di gioia e paura allo stesso tempo. Un’enorme macchia di un colore rosso bruno, dalla forma simile a un serpente, stava passando a qualche decina di metri da lui. Come aveva sospettato, quello doveva essere proprio un punto di passaggio, che l’enorme rettile usava per andare verso la sua tana. Aspettò che il drago si fosse allontanato a sufficienza per rilassare i suoi tendini doloranti e potersi rialzare. Come con l’insettone bipede, anche per quell’avversario doveva trovare una soluzione alternativa allo scontro fisico. Trenta metri di lunghezza, visti da così vicino, apparivano molto più minacciosi dei trenta metri studiati sul libro nella biblioteca del palazzo reale.
*
Dopo tre giorni di appostamenti, ricoperto di umido muschio per non far individuare la sua temperatura corporea, il nano era riuscito a capire le abitudini della sua preda. Passava in quella zona due volte al giorno: la mattina per andare a cacciare e il tardo pomeriggio per ritornare nella sua tana. Purtroppo per lui, la tana di un drago era sempre occultata in qualche maniera e quindi quasi impossibile da individuare, se non con il drago stesso. Per questo, doveva trovare il modo di farcisi portare. Dopo varie esplorazioni delle aree circostanti, il fabbro si era reso conto che, fra tutti i tunnel e le caverne limitrofe, quella in cui si trovava era la migliore per affrontare il drago, perché molto più grande delle altre. Non per nulla, il drago l’aveva scelta per la sua muta, pratica che richiedeva tempo e tanto spazio.
Ora doveva solo decidere come affrontarlo.
La questione non era semplice: prima di tutto non doveva farsi ammazzare. Impresa assai difficile, vista la mole del suo nemico. Secondo poi, in qualche modo doveva costringere il suo avversario a portarlo verso la sua tana, cosa ancora più difficile. Doveva ferirlo e costringerlo alla ritirata, così da poterlo seguire senza essere visto fino al suo covo. Un piano perfetto, almeno sulla carta, giacché costringere alla ritirata un drago non era cosa da tutti i giorni. Così, quella mattina, quando il drago passò di lì per andare a caccia, il nano approfittò del tempo a sua disposizione per approntare la sua trappola. Posizionò dei pacchi con all’interno dei grandi quantitativi di polvere da sparo lungo il tragitto che di solito il mostro percorreva. Il primo problema fu quello di isolarli a dovere. Un problema da non sottovalutare, perché, altrimenti, la grande umidità del posto li avrebbe bagnati e quindi resi inerti. Poi, cercò un punto ottimale da cui sparare per innescare le esplosioni e, per finire, si mise sul viso una strana maschera che copriva naso e bocca, e sui cui lati erano poste due sacche che contenevano del carbone attivo e della lana grezza, che dovevano funzionare da filtro per l’aria, in caso che il drago avesse usato il suo soffio mortale. La maschera era stata progettata e realizzata da lui in persona, ma, per sua sfortuna, non era mai stata collaudata e quindi il suo utilizzo era incerto. Purtroppo, però, non poteva fare altrimenti e quindi dovette procedere, anche se alla cieca. Dopo varie ore in cui l’avventuriero aveva piazzato i pacchetti di polvere da sparo, in modo da coprire la maggiore area possibile, con eventuali piccole deviazioni di percorso, tutto era pronto: ora doveva solo mettersi in posizione e aspettare il momento opportuno. Come aveva previsto, i pacchi della polvere da sparo erano più freddi del morbido muschio su cui posavano e, quindi, alla sua infravista, apparivano come macchie nere su sfondo blu. Macchie che il drago avrebbe scambiato per rocce, per com’erano posizionate e dal momento che non ne sospettava l’esistenza. Non sarebbe stato difficile colpirli anche in quelle condizioni. Del resto, lui aveva vinto il torneo di tiro a segno di La Forgia per tre anni consecutivi.
Appostatosi sulla roccia che aveva individuato, impugnò una delle tre pistole che aveva preparato in precedenza. Sebbene la tecnologia nanica fosse superiore a quella degli uomini, e le loro armi da fuoco più precise, le pistole avevano comunque bisogno di almeno dieci secondi per essere ricaricate. Per questo, aveva tre pistole già cariche con sé: per sfruttare al meglio il tempo ottenuto dalle prime tre esplosioni e poi ricaricarle nuovamente. Controllò per l’ennesima volta gli inneschi e i proiettili che aveva, assicurandosi che fossero asciutti e ben disposti, per limitare al minimo i tempi morti.
Tutto era pronto, ora doveva solo aspettare.
*
Per tutto il giorno, il nano era rimasto teso, come il fascio di nervi di un cavallo lanciato al galoppo, aspettando solo il momento propizio. Lui aveva un vantaggio grande verso il suo avversario: la sorpresa!
Doveva giocarsi quel vantaggio nel migliore dei modi, non doveva essere né troppo precipitoso, né troppo riflessivo, doveva sparare il primo colpo nel momento più opportuno, per avere il massimo risultato fra stordimento, disorientamento e danno. Per questo era stato sempre con la pistola in pugno e con il dito pronto sul grilletto. La mano ormai gli si era intorpidita, il dito formicolava a tal punto da fargli male, ma non poteva mollare la presa, doveva rimanere concentrato puntando l’obiettivo che gli avrebbe fatto ottenere il maggior vantaggio tattico.
Così, quando il drago tornò, strisciando senza quasi emettere un rumore sul soffice pavimento di muschio, l’avventuriero era già pronto a far scattare la sua trappola. Chiuse l’occhio sinistro e, sistematosi nel modo più comodo possibile, prese la mira verso il punto prestabilito. Doveva solo sperare che il mastodontico rettile passasse nelle sue vicinanze. Per fortuna, qualcuno nel Regno Celeste doveva essere dalla sua parte, perché il mostro si stava dirigendo proprio a pochi metri dal punto in cui stava mirando.
Doveva solo aspettare ancora pochi secondi.
Ancora poco.
Fuoco!
In una frazione di secondo, il dito si tese, il grilletto innescò il cane della pistola e il proiettile partì in direzione del pacco pieno di polvere da sparo. La deflagrazione fu spaventosa, vicinissima alla testa del drago. L’enorme lucertolone si inarcò all’indietro per lo spavento e la sorpresa, totalmente disorientato, e, con vistose ustioni sulla parte laterale della testa, non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo, ed ecco che il secondo proiettile fece esplodere un altro pacco accanto al suo corpo, questa volta all’altezza della coda. Il drago, sempre più disorientato, per riflesso inarcò anche la coda in avanti quasi a toccare, con la sua punta, la testa, formando una specie di anello vivente. Il nano non si lascio scappare l’occasione e, con la terza pistola a sua disposizione, fece detonare un altro pacco, questa volta in prossimità della parte centrale del corpo.
Il mostro si rotolò sul dorso in completa confusione, non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Il fabbro aveva ottenuto quello che voleva, ovvero il tempo necessario a ricaricare nuovamente le sue tre pistole. Iniziò con la prima, ma, per sua sfortuna, il drago si riprese prima di quanto lui sperasse e quindi dovette lasciare a metà le procedure di ricarica della seconda pistola.
Maledizione!
Il nano sparò di corsa il quarto colpo, facendo esplodere un altro pacco. Questa volta, però, il serpente era troppo lontano per subire dei danni seri. Ma, messo comunque alle strette, il mostro fece l’unica cosa sensata, senza sapere che era proprio quello che il nano voleva. Soffio il suo gas mortale tutto intorno a lui per coprirsi la ritirata. Protetto dalla coltre di nebbia verde, il serpente iniziò a strisciare via veloce, verso la salvezza. Solo a quel punto, il fabbro poté sperimentare l’effettiva validità della sua invenzione. Il gas venefico entrò nei filtri della maschera e, per sua fortuna, fu arrestato, almeno in parte, altrimenti sarebbe morto sul colpo. Ma era evidente che il soffio del drago fosse troppo potente per un semplice oggetto non magico e, così, il nano iniziò a perdere i sensi. Le forze gli vennero meno e, dovette piegarsi su un ginocchio per non cadere a terra. I polmoni iniziarono a bruciargli come se qualcuno vi avesse colato sopra del piombo fuso, ogni respiro era simile a centinaia di spilli che gli trapassavano il torace, mentre la gola si infiammò al passaggio dei succhi gastrici che risalivano l’esofago. Non avrebbe retto ancora per molto, si guardò intorno alla ricerca di una possibile salvezza. Alla sua destra, notò uno sperone di roccia che si stagliava verso l’alto. Dato che il gas era più pesante dell’aria, tendeva a depositarsi verso il basso e quindi, per lui, raggiungere quel punto avrebbe rappresentato l’unica possibilità di sopravvivere. Raccolse le sue ultime forze e scattò verso la roccia. I muscoli, per la mancanza di aria, erano pesanti e, a ogni passo, gli bruciavano sempre di più, solo la forza della determinazione riuscì a non farlo desistere. Arrivato sulla cima, i suoi polmoni, ormai sul punto di collassare, ripresero a respirare sempre più in maniera regolare. Anche se l’aria era stantia e di certo non di ottima qualità, in confronto al gas del drago, era come aria fresca di montagna. Grazie alla leggendaria resistenza dei nani ai veleni, l’esploratore riuscì a riprendersi in maniera rapida.
«Lumen!»
Il cristallo magico rischiarò di nuovo l’antro della caverna, riuscendo a far vedere al nano dov’era passato il drago, che, ferito e rallentato, non aveva pensato di coprire le sue tracce. Fatto dissipare il veleno, si gettò al suo inseguimento. Per fortuna, i draghi del profondo non erano fra i più astuti della loro nobile razza, così per l’esploratore non fu difficile identificare il sentiero che aveva preso. Dopo qualche minuto di corsa, riuscì a raggiungere quello che sembrava essere l’ingresso della sua tana. Tanto era la fretta di entrarvi per mettersi in salvo, che il drago non aveva riattivato l’incantesimo di occultamento.
Bene, sta andando tutto come previsto.
Il nano si accostò all’ingresso per controllare se vi fossero brutte sorprese ad attenderlo, ma tutto quello che riuscì a vedere fu solo l’ingresso della tana da cui provenivano ruggiti e rumori di schianti. Non poté fare altro che entrare con la massima cautela, imbracciando la sua balestra nanica, che aveva la peculiarità di riuscire a sparare fino a cinque colpi di seguito. Alla fine del condotto, vide una grande caverna, con al centro il drago che si dimenava per il dolore, frustando a terra la sua possente coda. Nella parte sinistra, era ammassato un grande tesoro: il nano non aveva mai visto così tanto oro, gioielli e oggetti preziosi tutti in una volta. A destra, invece, vi erano molti scheletri di vari animali. L’esploratore rimase basito da tante ricchezze, ma lui era giunto fin lì solo per un motivo, lui non era un meschino ladro. Doveva finire la sua missione il prima possibile, senza indugio. Prese la mira e sparò uno dei dardi della sua balestra, che andò a conficcarsi nell’occhio sinistro del drago. Un ruggito lancinante di dolore misto a rabbia esplose dalle sue fauci. Il rumore fu così potente e intenso, che il nano fece cadere la balestra a terra per coprirsi le orecchie con le mani e non farsi spaccare i timpani. Dopo vari secondi di acuto dolore, tutto finì in un silenzio surreale. Il fabbro ebbe bisogno di alcuni secondi per riprendersi, ma, per fortuna, come aveva previsto, il serpente era a terra totalmente immobile.
Il nano si avvicinò alla sua preda, osservandola con cautela e curiosità.
«Chi sei tu che hai osato farmi questo?», il drago era immobile ma riusciva comunque a parlare, anche se debolmente.
«Sono Odin Martello d’Acciaio!»
«Cosa vuoi da me, Odin Martello d’Acciaio, e perché non riesco più a muovermi?»
«Non riesci a muoverti perché la freccia che ti ho scagliato nell’occhio era imbevuta di un potente veleno paralizzante. L’occhio è direttamente collegato al cervello e quindi ha fatto effetto immediatamente. Per la verità, mi meraviglia il fatto che tu riesca comunque a parlare, ma immagino che un drago sia molto resistente e quindi il veleno non poteva avere un effetto totale. Per quanto riguarda la mia presenza qui, sono alla ricerca di una coppia di anelli che controllano gli elementi, per la precisione un anello per il fuoco e uno per la terra.»
«Tu mi sorprendi, nano. Immaginavo che fossi qui per tutto il mio tesoro e non solo per una parte. Comunque, ormai non ha più importanza, uccidimi pure e prendi ciò che vuoi, mi hai sconfitto.»
«Non ho intenzione di ucciderti, né di rubare tutto il tuo tesoro, io sono qui solo per quei due anelli.»
«Lo sai che se ora non mi uccidi, un giorno, potresti pentirtene?»
«Immagino di sì, ma non sono né un assassino né un ladro. Dammi i due anelli e me ne andrò e tu potrai riprendere la tua vita normalmente.»
Il drago fece un verso simile a una risata strozzata.
«Ricordati, Odin Martello d’Acciaio, se non mi uccidi ora, io mi vendicherò!»
«Correrò il rischio. Ora dimmi dove sono i due anelli!»
«Come vuoi tu. C’è una cavità segreta dietro il cumulo di ossa. La uso per nascondere gli oggetti veramente preziosi e potenti. Sono in un cofanetto di legno rosso finemente decorato. Prendilo pure, tanto non riuscirai ad aprirlo.»
«Staremo a vedere, drago.»
Odin si diresse verso il cumulo di ossa e, grazie alle sue abilità da nano, riuscì a trovare facilmente l’insenatura segreta. Una volta aperta, rimase ancora più sorpreso di quanto lo fosse per quello che aveva visto fino a quel momento. Effettivamente, lì dentro c’erano svariati oggetti finemente lavorati, il cui valore non risiedeva nei materiali con cui erano stati forgiati, ma nella loro magia. Fu difficile per lui non prendere altro oltre alla scatola di legno rossa, ma, alla fine, il suo senso dell’onore prevalse, anche se con difficoltà, sulla sua cupidigia. Preso quello che voleva, richiuse la cavità segreta e iniziò a scassinare la scatola. Ma, per quanto ci si impegnasse, non vi era modo di aprirla. Non aveva né serrature né intersezioni su cui poter fare leva per scardinare il coperchio. Nulla di nulla. Stanco di quella farsa, Odin decise di andarci di forza bruta e provò a infrangere la scatola di legno con il suo martello da guerra. Portò il martello sopra la sua testa e, con tutta la forza che aveva a disposizione, calò un colpo preciso e potente sulla scatola.
Il nano sgranò gli occhi nel sentire le sue mani che bruciavano per il contraccolpo ricevuto, mentre l’asta del martello si spezzò di netto. Finito con il sedere a terra per il rinculo, non riusciva a credere a quello che era appena successo.
Ancora quel rantolo strozzato simile a una risata.
«Non riuscirai mai ad aprire quella scatola. È magica e per aprirla devi usare molto di più che la forza bruta.»
«Come posso farlo? Dimmelo!»
«Te lo dirò, stai tranquillo. Ma solo per riprendermi la mia rivincita. Perché per aprire quella scatola devi dargli in offerta la cosa più preziosa che hai. Per questo dicevo che non riuscirai mai ad avere i due anelli, perché non conosco nessun nano in grado di rinunciare alla cosa più preziosa che possiede.»
Odin guardò furente il muso compiaciuto del drago, a quanto pare alla fine aveva vinto lui.
«Questo perché non hai mai incontrato un nano della casata dei Martelli d’Acciaio del clan dei Grong ut Krusk.»
Detto questo, il nano estrasse un affilato coltello dalla cintura e diede le spalle al drago. Dopo qualche secondo, Odin si rigirò di nuovo, mostrandosi con il viso rasato in malo modo e con in mano la sua lunga barba. Si diresse, sotto gli occhi increduli del drago, verso lo scrigno di legno rosso. Posò su di esso il suo bene più prezioso, ovvero il suo onore di nano, e, come per magia, lo scrigno si aprì rivelando il suo contenuto.
«Maledetto nano! Io ti troverò, prima o poi, e ti farò pagare l’umiliazione ricevuta, stanne certo.»
«Io ti aspetterò, non temere, ma a quel punto ricordati che potrei non essere più così generoso e prendermi anche la tua vita oltre al tuo occhio.»
«E così sia, nano. Ricordati il mio nome, perché sarà l’incubo peggiore delle tue notti insonni.»
«Ebbene, dimmelo, così che io possa sapere chi ucciderò la prossima volta che ci incontreremo.»
«Io sono Nyx, il drago del profondo, e la prossima volta che ci incontreremo divorerò la tua anima e la tua carne.»
«Benissimo, Nyx, quando sarà, io sarò pronto. A presto.»
Così dicendo, il nano uscì dalla tana del drago per far ritorno nelle sue terre.