“Senza ascoltare nessuna delle loro [degli armeni] ragioni, allontanarli immediatamente, evacuarli, donne, bambini, chiunque essi siano, anche se sono incapaci di muoversi. E non lasciate che la gente li protegga, perché costoro, con la loro ignoranza, mettono al primo posto dei guadagni materiali piuttosto che i sentimenti patriottici e non riescono ad apprezzare la grande politica del governo. D’altra parte, invece delle misure indirette di sterminio usate in altri luoghi, come la severità, le difficoltà del viaggio, la miseria, etc., voi potete usare misure ben più dirette. Perciò lavorate con maggiore entusiasmo!”.
In aula magna, nella nostra scuola, davanti ai ragazzi di quinta, sono state lette queste parole dell’allora Ministro dell’Interno ottomano Talaat Pascià, datate 9 marzo 1915. Quelle parole preannunciavano il futuro genocidio nei confronti del popolo armeno durante la I guerra mondiale.
Fra qualche giorno di quel genocidio ricorrerà il centenario. E’ stato infatti il 24 aprile 1915, con l’arresto dell’élite armena di Costantinopoli, che ha preso il via la realizzazione di un piano di sistematica eliminazione di una minoranza cristiana presente da secoli sul territorio ottomano. Massacri e persecuzioni si erano già registrati a fine Ottocento sotto il sultano Abdulhamid II, ma è con il 1915, nel pieno della Grande Guerra, con la scusa dell’intelligenza degli armeni col nemico russo che premeva dal Caucaso, ovvero coi britannici sbarcati a Gallipoli, che si passa a una carneficina pianificata e organizzata nei minimi dettagli, l’annientamento dei tre quarti della popolazione armena allora vivente entro i confini dell’impero turco.
A scuola abbiamo fatto memoria del Grande Male – Metz Yeghern, così lo chiamano gli armeni -, insieme al dr. Roberto Attarian, della comunità armena in Italia, e di Diego Romeo, romanziere, che scrive su questo blog e che è in procinto di pubblicare un volume dedicato proprio alla tragedia del 1915, a quel genocidio che è stato il primo ad essere perpetrato nel secolo scorso, il primo ad essere negato, il primo ad essere dimenticato. Tanto che Hitler poté dire ai suoi collaboratori: “Non vi preoccupate, procediamo contro gli ebrei. Chi si ricorda oggi degli armeni?”.
Non vogliamo – è stato detto dal dr. Attarian, è stato ripetuto da tutti noi – che questo si possa dire ancora. Né per gli armeni, né per gli ebrei, né per i tutsi, né per nessuno dei tanti altri massacri del Novecento e di questo violento presente. Dalla scuola, dai giovani si alza l’impegno a non dimenticare, a fare memoria, contro ogni forma di indifferenza, contro ogni forma di negazionismo.
L’invito è a parlarne, a fare memoria, a leggere. La recente pubblicazione di tre volumi sull’argomento, quelli di Franca Giansoldati – La marcia senza ritorno. Il genocidio armeno, Ed. Salerno -, di Marco Impagliazzo – Il martirio degli armeni. Un genocidio dimenticato, Ed. La Scuola – e di Andrea Riccardi – La strage dei cristiani. Mardin, gli armeni e la fine di un mondo -, è un’occasione preziosa da cogliere per non essere spettatori distratti del passato e del presente, ma attori partecipi e coscienti della storia del nostro mondo.
(Articolo pubblicato su Notizie Italia News.)