Roma – quanto vale una vita umana? E 700 vite? E se poi la vite fossero addirittura 900? La domanda, tutt’altro che retorica, è molto attuale in questo momento. Sì perché proprio domenica scorsa è avvenuta l’ennesima grande tragedia al largo delle coste della Sicilia, dove un altro “barcone della morte” con a bordo un numero imprecisato di persone (fra le 700 e le 900 – ndr) è naufragato per cause ancora da accertare. Di tutti questi migranti in cerca di una speranza in più solo 28 se ne sono salvati e solo di 24 si sono recuperate le salme. Numeri da capo giro, numeri degni di una guerra in pieno stile, numeri che dovrebbero far riflettere profondamente la Comunità Internazionale e che invece sempre più rischiano di essere archiviati nei meandri della nostra indifferenza.
Purtroppo questa non è la prima, e non sarà neppure l’ultima tragedia annunciata se si continua a seguire la logica dell’ emergenza senza poi che ne consegua un piano di prevenzione da parte delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea. La questione viene sempre più lasciata nelle mani dei singoli stati, che senza una visione comune, e senza le dovute risorse, non sono in grado di affrontare seriamente il problema. Ogni sbarco, ogni tragedia, infatti viene trattata come un singolo evento, su cui si fa molto clamore politico e sociale, ma su cui poi non si interviene in maniera seria e ragionata.
Al contrario i fondi destinati al soccorso dei migranti vengono sempre più tagliati, in nome di una crisi che non si sa più neanche cosa sia veramente, mentre i programmi di pattugliamento vengono ridotti al minimo indispensabile da una gestione miope che non sa o non può affrontare veramente il problema. L’esempio più eclatante è stato di certo la soppressione del piano d’intervento “Mare Nostrum”, sostituito da un meno efficace “Triton”, che non ha saputo affrontare le aspettative richieste, tutto questo ovviamente a discapito della povera gente che trova la morte nei nostri mari, ma anche degli italiani che vedono sempre più le loro terre come cimiteri a cielo aperto.
Ma che fare?
L’Italia sempre più chiede un sostegno più concreto da parte dell’Unione Europea, cosa ribadita anche dall’ONU che ha affermato come l’Italia non può affrontare da sola questa emergenza. Il premier Matteo Renzi, nella conferenza stampa di oggi, convocata d’urgenza a Roma in collaborazione con il primo ministro di Malta Joseph Muscat (altro paese molto colpito dalla piaga della tratta umana – ndr), ha dichiarato che un attacco al racket degli schiavisti sia l’unica via per arginare questa escalation di morte.
Non solo, ha anche dichiarato che: «Quello che avviene in queste ore nel Mediterraneo è molto più di un naufragio: siamo in presenza di un grave momento di crisi umanitaria che va affrontato come tale. Continuare a pensare di lasciar partire i pescherecci della morte, per poi andarli a rincorrere, significa mettere a rischio vite umane», ha aggiunto inoltre «La crisi in corso deve vedere l’impegno non solo di Malta e dell’Italia. Vi prego di prendere sul serio le nostre parole: siamo in presenza di nuovi schiavisti, non è una espressione ad effetto, ma immaginate cosa accadeva tre o quattro secoli fa […] Chiediamo alla comunità internazionale che venga considerata una priorità la cattura di questi criminali per assicurarli alla giustizia internazionale. Non pensiamo di lasciargliela vinta. Avremmo una responsabilità nei confronti della storia». Infine al termine della conferenza stampa, il premier ha sottolineato che «Al momento non è sul tappeto l’ipotesi di un intervento militare in Libia».
Dichiarazioni forti, quelle di Matteo Renzi, che mettono in evidenza come, ancora oggi, non ci sia una vera e propria strategia per affrontare il problema!
Non ci resta altro da fare che sperare che questa sia veramente l’ultima di questa grandi tragedie e che la Comunità Internazionale si decida ad intervenire in maniera radicale al fine di salvare più vite umane possibile.
(Articolo pubblicato su Notizie Italia News.)